Rivoluzione verde. A misura di natura

Si può dire che sia stato uno dei pochi vantaggi della pandemia. La rivoluzione cosmetica green era già in atto da quattro o cinque anni, ma il virus ha dato un’accelerata non indifferente. Nel 2019, in epoca preCovid, i cosmetici cosiddetti naturali valevano il 21 per cento del mercato italiano e circa il 7 di quello mondiale. Totale, intorno ai 35 miliardi su 500. Poi c’è stata un’impennata: le aziende produttrici certificate bio sono aumentate in due anni di oltre 250 per cento, rivela la banca data Biobank, e nel 2020, conferma l’associazione di categoria Cosmetica Italia, lo skincare green è cresciuto del 3,6 per cento, in un anno diciamo non proprio fortunatissimo.  Le previsioni sono ancora più rosee: secondo i big della consulenza, come AlixPartners e Statista, arriveranno a superare un fatturato di 55 miliardi nel 2027.

L’ascesa è ancora più evidente se si pensa che questo comparto è relativamente giovane: la prima legge di regolamentazione sulla vendita di cosmetici, la 713, risale al 1986, mentre l’obbligo di indicare la lista degli ingredienti in ordine decrescente (il cosiddetto INCI) è del 1999. AlixPartners sostiene che oggi, tra cambiamenti climatici e polveri sottili, per otto donne occidentali su dieci è diventato irrinunciabile l’utilizzo di prodotti che abbiano formule dermocompatibili, sicure, rispettose del pianeta e il 72 per cento sogna che diventi un tassello per vivere in modo più sano. Addirittura il 20 per cento è disponibile  a spendere persino di più, per questa “buona” causa. «Fino a qualche tempo fa il settore comprendeva più che altro i detergenti e le creme idratanti, rivolto a un target molto giovane, come quello dei Millenials», dice Umberto Borellini, cosmetologo. «Oggi sono molte le ultraquarantenni che scelgono specialità antiage, dall’azione rassodante, liftante, levigante, rimpolpante, insomma più versatile e complessa». In effetti la cosmetica green va incontro alle esigenze più disparate, è sempre più tecnologicamente avanzata e offre soluzioni che non hanno niente a che invidiare a quelle tradizionali. «La cura di sé è diventata prioritaria negli ultimi tempi», dice Cristian Tosoni, uno dei soci dal 2018 di Nemora Milano, un brand naturale emergente. «Il problema è che spesso c’è confusione tra le definizioni: green, naturale, bio, vegan, cruelty free. Non c’è una regola fissa, ma in linea di massima oggi le formulazioni sono sempre il più naturale possibile, di solito interno al 97-98 per cento».

Altro ambito importante è la sostenibilità che riguarda il processo produttivo: Nemora Milano, per esempio, che realizza cosmetici made in Italy, impiega oli preziosi, come quello di canapa, di pistacchio o di nocciolo, che sono raccolti principalmente tra Sicilia e Calabria da aziende che non sfruttano caporalato. Il Gruppo Davines, di cui fa parte la linea Comfort Zone, è stato uno dei fondatori della B Corp Beauty Coalition, ventisei aziende che si sono unite per migliorare gli standard di sostenibilità attraverso azioni collettive. Di recente l’azienda ha annunciato che i prodotti nel 2022 diventeranno certificati plastic neutral e, grazie alla collaborazione con Plastic Bank, contrasteranno il fenomeno della plastica negli oceani,  pari alla quantità delle loro confezioni.

Garnier, brand targato L’Oréal molto attivo sul tema, lancia una nuova campagna sui canali social che si chiama One Green Step. Per ogni condivisione del video, taggando @garnieritalia e #onegreenstep, il quarto marchio di bellezza più grande al mondo sosterrà con una donazione Plastic for Change: l’80 per cento dei fondi andrà infatti a chi opera la raccolta di rifiuti in India, con l’obiettivo di raccogliere fino a due milioni di bottiglie in plastica da riciclare. Alcuni marchi sono verdi nel Dna e non per moda o richieste di mercato, come Dr. Hauschka, che esiste da più di cinquant’anni ed è noto per utilizzare ingredienti provenienti dal rigoglioso orto botanico che si trova a Eckwälden, in Germania. Alla base del brand, infatti, c’è la teoria antroposofica di Rudolf Steiner che si fonda su un concetto di benessere olistico volto a stimolare l’equilibrio naturale di ogni individuo. La Cosmétique Végétale è il “timbro” di garanzia di Yves Rocher, marchio francese originario della Bretagna, che fonda la sua filosofia sulla conoscenza approfondita delle piante, il 100 per cento di principi attivi vegetali e texture sensoriali.

L’Erbolario dal 1978, anno della sua fondazione, ha seguito un progetto di chimica verde, che vede in prima linea la riduzione dei consumi, la limitazione degli sprechi nei processi energetici, l’impiego di fonti rinnovabili e un packaging sempre più rinnovabile che vede in primo piano una bioplastica speciale, ottenuta dalla canna da zucchero e proveniente da una filiera certificata. Nuxe, che ha sempre utilizzato la natura come fonte di ispirazione (il suo Huile Prodigieuse è stato uno dei precursori degli oli di bellezza naturale), da un paio di anni ha messo a punto una gamma di trattamenti certificati bio, in cui i principi attivi naturali sono esaltati da tecnologie green. Mentre gli oli e i burri della foresta Amazzonica sono i protagonisti di Agenov Skincare fondati da Carmen Silveira, nata in Brasile ma trasferitasi da giovanissima in Italia, caratterizzati da un’altissima tollerabilità, grazie all’impiego di un pool di conservanti di ultima generazione composto esclusivamente da ingredienti naturali. Ci sono voluti sette anni di ricerche per realizzare Beauty Thinkers, cosmetici selezionati ed esclusivi a base di antiossidanti dell’olivo ricavati dal frutto e dalle foglie di olivi autoctoni dell’Umbria. Cuore della formula è l’idrossitirosolo, estratto dagli olivi, appunto, che crescono sul territorio, che è  unico per la biodiversità e a zero emissioni di CO2 dal 2009. Il principio attivo è stato stabilizzato nella sua efficacia antiossidante da una ricerca brevettata dall’Università di Ferrara.

 

 GLI INGREDIENTI GREEN PIU’ GETTONATI

Le cellule staminali non sono certo una novità nella cosmetica verde, ma oggi sono sempre più utilizzate.  «Fino a poco tempo si ricavavano soprattutto dalla mela: oggi ce sono molte altre, dalla peonia, dal peperoncino, dalla stella alpina e sono impiegate per la loro funzione rigenerante, elasticizzante», spiega Umberto Borellini. «Un altro ingrediente molto performante è il licopene, contenuto nel pomodoro, considerato un valido anti-age. Anche le proteine vegetali in questo periodo sono molto accreditate, derivano dai legumi, come il pisello, i lupini (fanno parte dei leguminosi), il frumento e vantano caratteristiche rinforzanti. «Vengono frammentate in peptidi biomimetici che sono piccole sequenze di amminoacidi capaci di mimare l’azione di una proteina, necessaria alla salute cutanea», precisa il cosmetologo. «Essendo molto piccoli, possono penetrare in modo più efficace e dimostrano una maggiore affinità con la cute».

 COSMETICI DELL’AZIONE TURBO

 

È un metodo già utilizzato da tempo nel campo alimentare, che adesso rappresenta una delle ultime frontiere della cosmetica. La fermentazione è in grado di trasformare gli ingredienti naturali in molecole ancora più attive per la pelle. In altre parole, è un metodo booster naturale: gli oli (come quello di angelica, argan, cartamo e oliva) diventano dieci volte più efficaci, perché, una volta fermentati, sono più ricchi di acidi grassi. Lo stesso discorso vale per i fiori, tra cui l’elicrisio, il gelsomino e la camelia sinensis (quest’ultima conosciuta dall’antichità nella medicina cinese per la sua azione anti-radicali liberi) che, con questo procedimento, accentuano le loro proprietà rigenerative e vitalizzanti per la pelle. La tendenza della fermentazione è partita dall’Oriente, in particolare dalla Corea, sempre apripista nel beauty, ed è arrivata in Occidente. Molti marchi emergenti americani la utilizzano (per esempio Drunk Elephant, in vendita da Sephora), per ora in Italia è conosciuto Florena Fermented Skincare , che ha adottato questa tecnologia per le sue formule, ma gli addetti ai lavori scommettono che ne sentiremo parlare ancora molto.

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