Già volto de “Il Collegio”, la giovane attrice romana si è guadagnata il ruolo da protagonista in “Skam Italia 6”, la serie di successo targata Netflix. Un mattoncino in più nella carriera di un’artista completa. Non solo attrice, Nicole è anche scrittrice, speaker radiofonica e attivista (nonostante non ami essere definita tale). Noi l’abbiamo incontrata!
Si definisce pesante e pensante, Nicole Rossi. Ed effettivamente lo è. Rileggo l’intervista e quando arrivo a questo suo onesto auto-definirsi realizzo che non avrei potuto scegliere aggettivi migliori. Non tanto il primo, che decontestualizzato potrebbe quasi risultare negativo, ma il secondo, ripensando a tutta la nostra chiacchierata, messo lì mi risulta magico. Nata a Roma 23 anni fa, Nicole ha esordito in tv ne Il Collegio, di cui ci ricorda una bellissima scena nella quale lei spensierata, come solo i ragazzini sanno esserlo, canta e balla sotto la pioggia insieme ai suoi amici. Poi la vittoria a Pechino Express in coppia con Jennifer Poni, i libri Isolament(e)o, Il diario che non ho MAI scritto e Arya, e la trasmissione radiofonica Feel Rouge. Fino ad approdare nel cast di Skam Italia 5 con il personaggio di Asia, diventato poi protagonista della sesta stagione targata Netflix. «Asia è la mia versione alle superiori. Anch’io, come lei, ero arrabbiata con il mondo, avevo quell’apparente durezza tipica di chi poi più riesce ad empatizzare con gli altri, soffrendo anche di più», confessa l’attrice.
Skam Italia 5 ha segnato il tuo debutto come attrice. In questa sesta stagione sei addirittura protagonista, come hai affrontato questa nuova esperienza?
Il primo debutto, in realtà, l’ho fatto a teatro con il personaggio di Medea, avevo 14 anni. Interpretare il ruolo da protagonista è un bel tuffo, stupendo ma anche di grande responsabilità. Iniziare in punta di piedi in Skam Italia 5 mi ha reso contentissima, perché ho avuto la possibilità di proiettarmi gradualmente in un universo per me nuovo, che non riguardava solo il cinema ma anche introdurmi in una famiglia ben rodata come quella di Skam Italia. Per questa sesta stagione inizialmente sentivo tanta pressione, sapevo del legame speciale tra il pubblico di Skam Italia e i suoi protagonisti, e avevo paura di non riuscire a dare quell’imput che erano riusciti a dare i miei colleghi prima di me, a costruire quel fil rouge che ha contribuito anche al successo della serie. Ad un certo punto, però, mi sono lasciata andare, spogliandomi delle paranoie e delle pressioni. Alla fine la cosa più importante resta la storia, per cui ho smesso di pensare a Nicole e ho iniziato a pensare solo ed esclusivamente a come raccontare Asia. Questo è stato l’unico modo per farlo al mio meglio.
Asia è un personaggio spigoloso, una tipa tosta potremmo dire. Ti ci rivedi?
Assolutamente sì, dico spesso che Asia è la mia versione alle superiori. Anch’io, come lei, ero arrabbiata con il mondo, avevo quell’apparente durezza tipica di chi poi più riesce ad empatizzare con gli altri, soffrendo anche di più. Nella sesta stagione infatti Asia cresce, e con la sua crescita e lo zoom su di lei scopriamo tutti i dolori che si porta dentro e la spingono ad essere spigolosa. È un percorso che ho vissuto anch’io, chiaramente in un altro modo e con problematiche diverse dalla malattia di Asia. Ma in lei ci rivedo davvero molto la me più piccola e in crescita.
Skam Italia è un riuscito ritratto generazionale. Ogni tematica trattata nelle diverse stagioni fa venire fuori le reali paure e difficoltà degli adolescenti di oggi. Il tuo personaggio nella serie soffre di disturbi alimentari, tema sempre attuale e delicatissimo. Qual è stato il tuo approccio nell’affrontare questa problematica?
L’ascolto. Ho avuto la possibilità di confrontarmi sul tema con Maruska Albertazzi, che è stata una guida meravigliosa. Lei è un’ex paziente adesso attivista che si occupa proprio di aiutare le persone affette da questa malattia. E poi, purtroppo, nella mia vita ho avuto molte persone a me care che hanno sofferto di disturbi alimentari. Quindi ho ascoltato tanto quello che si prova. Ho guardato anche tanto, e non il corpo, che nei disturbi alimentari rappresentano sempre come centrale ma che in realtà è l’ultima cosa a cambiare. Ho osservato i dettagli: come inizi a guardare il cibo, come inizi a guardare le altre persone. Come tocchi il cibo, come tocchi e prendi una posata. Sono stata, come al solito, molto secchiona. Ho avuto per un po’ un taccuino dove mettevo per iscritto tutte le cose che secondo me Asia doveva avere, dalla postura alla poca energia nel parlare.
Attrice, scrittrice e speaker radiofonica. Ma qual è la forma d’arte in cui Nicole riesce ad esprimersi a 360 gradi?
La recitazione, da sempre. E paradossalmente proprio perché nella recitazione non esce fuori Nicole, ma tante altre storie nelle quali e grazie alle quali si sono costruiti pezzi di me. La radio, il libro, la televisione, qualunque tipo d’arte e d’intrattenimento io possa fare, comprende comunque parlare attraverso la mia lingua, ma ci sono delle cose dove neanche la mia lingua può arrivare. Dei concetti talmente delicati da esprimere, che solo qualcosa che non sia la tua lingua riesce a far arrivare alle persone, e per me il cinema e il teatro in questo sono sempre stati l’arte per eccellenza perché dimostrano la materia umana facendola insieme alle persone. È materiale umano creato da altro materiale umano, e questo lo trovo da sempre sorprendente.
Al liceo sei stata rappresentante d’Istituto, successivamente ti sei sempre espressa su temi delicati quali salute mentale, body shaming, e molto altro. Il tuo secondo libro, ad esempio, parla di un’attivista disposta a tutto pur di difendere i propri ideali. Quanto è importante per te essere fedeli sempre e comunque a se stessi e credere nei propri sogni e valori?
È incredibile come io finisca inevitabilmente a parlare di attivismo pur non volendo. Attraverso Arya, la protagonista del mio secondo romanzo, ho raccontato un tipo di attivismo molto complicato, chiamato sui social attivismo performativo, ovvero un attivismo che è disposto anche ad andare contro i propri ideali per arrivare ai propri ideali. Questo per portare il lettore davanti ad un bivio e chiedersi: è giusto quello che ha fatto Arya per arrivare ad una verità oppure no? Siamo davvero sicuri che l’ideale sia una questione di coerenza, di seguire un percorso che abbiamo tracciato? O significa anche mettersi in discussione, saper perdonare, saper avvicinarsi a realtà che sembrano talmente lontane da noi? È quello che ultimamente mi chiedo anch’io quando porto avanti le mie battaglie. Prima ero molto delineata, diretta. Bianco o nero, giusto o sbagliato. Adesso sto cercando di rivalutare le sfumature e di prestare molta più attenzione quando parlo.
Cosa significa oggi essere una giovane donna libera?
Ma che ne so, siamo libere davvero? Probabilmente, per conoscerne il significato, mi ci sarei dovuta sentire. In quanto persona io mi sono sentita libera quando a Il Collegio ho ballato sotto la pioggia mentre cantavo con i miei amici. Mi sono sentita libera a viaggiare da sola senza telefono. In quanto donna non sono libera. Anche solo uscendo di casa, ogni volta che mi sento gli occhi addosso, che potrebbero avere anche tutt’altra natura, io mi sento a disagio. Non sono libera perché ho visto quattro volte nella mia vita un ragazzo abbassarsi i pantaloni davanti a me quando non avevo ancora nemmeno diciott’anni. Forse in quanto persone, in generale, non siamo liberi e in quanto donne lo siamo ancora meno. Credo che una donna per essere e sentirsi libera debba in primis riuscire a sentirsi a proprio agio nel mondo in cui viviamo, cosa al momento molto difficile. Sicuramente un primo passo sarebbe riuscire a sentirci non in pericolo.
Abbiamo parlato del rapporto complicato di Asia con il suo corpo. Ma il tuo, invece, con il tuo corpo, com’è?
Ho sempre amato tanto il mio corpo, ma mi sono resa conto, anche grazie ad Asia, di averlo trascurato per tanto tempo. Sono stata una ragazzina e ora una giovane donna sempre e solo concentrata sul lavoro. L’unica cosa per cui vivevo era sapere quello che potevo raccontare alla gente attraverso il mio lavoro e lottavo solo per quello, trascurando tanti altri lati di me. Con Asia, ma anche con l’età, ho capito che è importante invece ricavarsi i propri spazi, per avere un corpo sano, più forte e che aiuti anche la testa ad essere sempre forte. Del resto, se la testa non ci sta dietro, non può andare avanti da solo un intero corpo. Ma mi sono sempre sentita bella. Le uniche volte in cui mi specchiavo e mi vedevo diversa, era magari quando altre persone mi facevano notare delle cose di me che neanche io avevo mai notato. Mi mettevo allo specchio e pensavo: ma veramente ho il naso lungo, veramente ho le tette piccole? (ride) Per fortuna il mio amarmi è sempre stato più forte del dolore che certe affermazioni avrebbero potuto provocare.
3 aggettivi per descrivere Nicole.
Pesante, pensante ed estrosa.
Qual è il tuo sogno più grande? Come e dove ti vedi tra dieci anni?
Le mie prospettive sono cambiate molto nell’ultimo anno. Prima ti avrei detto, senza pensarci un attimo, vincere un Oscar. Adesso ti dico: fra dieci anni, con il mio cane, in un posto dove fa sempre caldo e non per il riscaldamento climatico ma perché fa caldo davvero. Vorrei andare lontano e stare per un po’ via.
Una canzone per descrivere questo momento fortunato della tua vita.
“Arnica” di Gio Evan. È per me un momento molto fortunato ma anche molto nostalgico. Ultimamente ho questa nostalgia che si porta dietro la consapevolezza dello star crescendo, di essere entrata nella fase adulta, e questa canzone è una carezza.