Erotismo, ossessione, emancipazione. La fotografia di Helmut Newton

“Avevo tre o quattro anni ed ero steso sul letto, nell’appartamento dei miei genitori su Innsbruckerstrasse. Era notte, è sempre notte – ho moltissimi ricordi notturni. La mia balia, la mia Kinderfräulein, si sta preparando per uscire. È seminuda. Indossa un paio di mutandine ed è seduta di fronte allo specchio. C’è la luce accesa sopra lo specchio in camera mia. Si sta truccando, ed è molto bella. Questa è stata la prima volta che ho visto, o che ricordo di aver visto, una donna seminuda di fronte a uno specchio”.
Quando nasce a Berlino, nel 1920, in una ricca famiglia ebraica, il suo nome è Helmut Neustädter. Quando, nel 1956, apre a Melbourne un piccolo studio fotografico grazie al sostegno della futura moglie ed eterna musa ispiratrice June, diventa Helmut Newton, raggiungendo con questo nome la fama mondiale.

Aveva mosso i primi passi dietro la fotocamera a 16 anni, Helmut Newton, come assistente della fotografa di moda Yva a Berlino e da allora non ha mai smesso di filtrare il mondo attraverso quella lente. Una storia d’amore e pellicola lunga quasi 70 anni celebrata oggi con “Helmut Newton. Legacy”, al Museo dell’Ara Pacis di Roma fino al 10 marzo 2024. Una mostra ideata per il suo centenario nel 2020 e rimandata a causa della pandemia, già passata per Berlino, Vienna e Milano. Curata da Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation di Berlino, e Denis Curti, direttore artistico de Le Stanze della Fotografia di Venezia, l’esposizione raccoglie 250 fotografie, riviste e materiali d’archivio che ripercorrono la carriera in ordine cronologico e raccontano con un nuovo sguardo l’eredità estetica di uno dei fotografi più rivoluzionari di sempre, che con le sue narrazioni del femminile ha segnato in maniera indelebile la rappresentazione della moda contemporanea e non solo.

Helmut Newton Elsa Peretti vestita da coniglio. New York, 1975 © Helmut Newton Foundation

Stile unico e irriverente, sfuggente a qualsiasi tipo di etichettatura, la fotografia di Newton mescola elementi di glamour, moda, ritrattistica e documentario, il tutto condito con ingredienti piccanti come il voyeurismo. Lui stesso si definiva un “professional voyeur”. La fotografia era per Newton una forma di seduzione, un dialogo erotico tra soggetto e oggetto o viceversa, costantemente infuso di provocazione. «Il mio lavoro come fotografo ritrattista è quello di sedurre, divertire e intrattenere». Tra le armi utilizzate per perseguire il suo scopo, l’ambiguità e lo spaesamento – «La mia fotografia? È come un film noir, come “Pulp Fiction”», ripeteva. E le sue piccole ossessioni, con i riferimenti all’universo fetish. Evidente infatti l’onnipresenza nei suoi scatti di tacchi vertiginosi, pellicce, biancheria di seta, calze trasparenti. Accessori che in un certo senso richiamano e rimandano all’immaginario erotico. 

Helmut Newton Autoritratto. Monte Carlo, 1993 © Helmut Newton Foundation

Sempre un passo avanti alla sua epoca, Newton ha inoltre infranto tabù introducendo per primo il nudo radicale nella moda, cosa sicuramente paradossale: scattare foto di moda senza moda, con modelle completamente svestite. Nella rivoluzionaria visione del fotografo, infatti, gli abiti non interessano in quanto tali, ma come cornice della nudità femminile, servono a esaltarla. Svestono più di quanto non vestano. Non sono il fine ultimo, ma un mezzo. Donne quindi sì nude, ma comunque vestite. Vestite di fierezza, consapevolezza, spavalderia, ironia per celebrarne l’autonomia, la forza e l’indipendenza. Scelta, all’epoca, rivoluzionaria, che creò non poco scalpore. Le femministe del tempo, ad esempio, lo accusarono di svilire e mercificare il corpo delle donne, lui che invece intendeva glorificarle e onorarle, le donne, convinto com’era che fossero «molto più forti degli uomini». Il corpo femminile immortalato da Newton si mostra infatti dotato del potere e della consapevolezza che sono stati frutto anche delle battaglie di emancipazione femminile portate al culmine tra gli anni Sessanta e Settanta; battaglie che – in fondo, purtroppo – ancora oggi si portano avanti. Un complesso lavoro sulla femminilità che ha sfidato per oltre sei decenni ogni tentativo di categorizzazione della donna, rendendolo Newton uno dei fotografi più amati e discussi di tutti i tempi. 

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