Inclusività e body positivity. Ne abbiamo parlato con l’ex modella Ilaria Capponi

L’ossessiva ricerca della perfezione è forse uno tra i mali più comuni della nostra società. Colpa anche dei canoni malsani promossi dal fashion system sulle passerelle. Ne abbiamo parlato con l’ex modella Ilaria Capponi

Una donna non è mai né troppo magra né troppo ricca”, affermava questo diversi anni fa l’eterna icona di stile Coco Chanel. Una frase che, detta da lei, fa sorridere e risuona come una sorta di messaggio sull’empowerment femminile. «In realtà, oggi, queste parole sono pericolosissime, le porto sempre come esempio quando vado in giro per le scuole a parlare ai ragazzi». Ilaria Capponi, ex modella e cestista di serie A, è oggi imprenditrice nel settore della comunicazione. Una comunicazione responsabile – la definisce – volta soprattutto alla sensibilizzazione su un tema che ha spesso poca risonanza: quello dei canoni malsani promossi dal fashion system sulle passerelle. L’abbiamo incontrata per parlare con lei della pericolosa correlazione tra la promozione di quei modelli sbagliati e i disturbi del comportamento alimentare nella società odierna. 

Qualche mese fa hai annunciato il tuo addio alle passerelle via social dopo l’ennesimo rifiuto da parte di un’agenzia a causa della tua taglia numero 42. Si parla tanto di inclusività, ma nel settore moda siamo a quanto pare molto lontani dal raggiungerla.

Se ne parla e basta. Io ho denunciato proprio questa discrepanza tra quello che il settore moda comunica e quello che poi vediamo in passerella. Rispetto al passato, lato commerciale, qualche passo in avanti l’abbiamo fatto, perché c’è stata una sorta di apertura verso una democratizzazione del canone estetico della bellezza. Una maggiore apertura al particolare. Per cui i modelli non sono più soltanto belli, ma particolari. Vengono accettati anche quelli che un tempo venivano considerati difetti, ma che in realtà da sempre sono sinonimo di unicità. Purtroppo, però, in ambito strettamente legato al fashion, restiamo ancora vincolati al discorso di taglie che non sono conformi al benessere psicofisico di chi poi lavora nel settore. E questo lo dico per esperienza personale. Tantissimi miei colleghi ed ex colleghi, uomini e donne, soffrono di disturbi alimentari, vivendo una privazione perenne. Il tutto per entrare in taglie di campionario che ad oggi sono ridicole rispetto a quello che dovrebbero essere, sia per il rispetto delle persone che aderiscono a questo lavoro come professionisti sia e soprattutto nel rispetto di una comunicazione responsabile, che dia un messaggio positivo a chi poi fruisce di questi prodotti mediatici. 

Ti sei sempre esposta, facendoti carico di un’evoluzione necessaria rispetto ai modelli promossi dai media. Ma cosa credi sia necessario fare nel concreto per scardinare certi canoni di bellezza?

Dipendesse esclusivamente da me, attuerei questo cambiamento partendo dal principio: prendendo una tabella BMI (indice di massa corporea), cercherei quale potrebbe essere un equilibrio, un dialogo corretto, tra l’altezza dei modelli e il loro peso. Una modella non può essere alto 1.80 e pesare 50 kg, anche perché il corpo, dopo, ti porta il conto. Non basta ricominciare, una volta mollato il lavoro, a mangiare in maniera normale per recuperare. Non si risolve tutto così, ma questo non lo dice nessuno. A vent’anni nessuno ti dice che, per entrare dentro un pantalone di una taglia ridicola, in canoni ridicoli, stai rischiando di non poter avere figli in futuro.

La cosa più preoccupante è che anche i giovani si rifanno poi a questi modelli. Ampliando il discorso, basta pensare all’uso spropositato che gli adolescenti fanno dei filtri sui social. 

Esatto, per questo è necessario promuovere una comunicazione responsabile, che è quello che faccio io nel mio piccolo. Nel 2021, ad esempio, ho lanciato “Less filters more beauty”, una campagna contro l’abuso dei filtri sui social. La bellezza, soprattutto nel settore della moda e dell’estetica, ti rende schiavo del fatto che non puoi permetterti di non essere sempre perfetto. Se sei una modella, non puoi farti vedere con la cellulite, perché poi non ti chiama più nessuno. La mania della perfezione, del non difetto, è al giorno d’oggi estremamente radicata nelle persone e nei ragazzi, i quali, avendo come riferimento soltanto determinati modelli, si creano a loro volta delle immagini perfezionate di loro stessi. Un perfezionamento che poi non è solo estetico, ma della vita in generale. Una sorta di alter ego del quale si sentiranno sempre e inevitabilmente non all’altezza, perché finto. 

Hai sofferto di bulimia per molto tempo, ma lo sport ti ha salvata. Che messaggio senti di dare ai giovani che affrontano questo tipo di problematica?

Lo sport è importante perché ci aiuta a dare valore al nostro corpo: a nutrirlo in maniera adeguata, a rispettarlo, a dargli il giusto riposo. Tutto perché il corpo performi. Inoltre, resettare il valore e la scala di priorità nella vita, credo sia necessario. Sopra ogni cosa deve esserci il prendersi cura della propria salute. Se non c’è la salute non riesci ad amare e ad essere amato, non hai le energie per impegnarti nel raggiungere i tuoi obiettivi, performare in qualcosa che potrebbe essere la tua passione o il tuo lavoro. I disturbi alimentari sono un grande nemico più che del corpo, della testa. Il corpo viene dopo, quando nella testa il problema si è già fortemente radicato, e si fa fatica poi a lottare. 

Tornassi indietro rifaresti la modella?

Sì, perché è un lavoro bellissimo che mi ha permesso di girare il mondo, imparare le lingue, conoscere tantissime persone. Ma lo farei con la maturità e la consapevolezza che ho avuto dai miei 20 anni in poi. Quando ho acquisito l’amor proprio, ho imparato a fare la modella dettando io le regole: se andavo bene agli altri per com’ero, bene, o altrimenti cavoli loro. Fino a quando non ho raggiunto questo equilibrio, è stato difficile. 

Com’è il rapporto con il tuo corpo e la bellezza oggi? Ti piaci?

Mi piaccio, ma chiaramente queste patologie ti lasciano sempre il segno, gli strascichi te li porti dietro. Ti lasciano molte insicurezze, questo senso di inadeguatezza rispetto ad un canone che resta comunque radicato dentro la tua testa, perché lo hai preso come riferimento per tutta la vita. Mi piaccio ma forse mai abbastanza. Però mi vedo bella, sana, e cerco soprattutto la salute, che è decisamente più importante.

Il prodotto beauty di cui non potresti mai fare a meno. 

Sono una grande amante del latte corpo profumazione vaniglia, è il mio caffè al mattino! 

Cosa ti auguri per il futuro?

Vorrei scrivere un libro per approfondire il tema dei disturbi alimentari, anche semplicemente raccontando la mia storia. Quando ho iniziato a soffrire di bulimia avrei voluto sentirmi dire queste cose. Avrei voluto sentir parlare di una diversa scala di valori, di priorità e di quanto sia importante tutelare la salute, più che rincorrere la perfezione. 

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