Il disco in vinile, supporto audio messo in commercio nel lontano 1948 dall’etichetta americana Columbia Records, sta vivendo una seconda giovinezza. Solo in Italia ne sono stati prodotti quasi 15milioni (dati FIMI) e nel Regno Unito la vendita di vinili è leggermente inferiore al valore raggiunto dai download digitali. Ma non è solo una questione di merchandising, anzi…
Correva l’anno 1982 quando l’album 52nd Street di Billy Joel veniva immesso per la prima volta sul mercato nel formato Compact Disc. Più piccolo, più comodo, più facile da produrre e con una qualità audio migliore. Il caro, vecchio e di certo non tascabile vinile aveva ormai i giorni contati. Eppure, dopo anni di agonia e quasi sul punto di scomparire, il mercato musicale, ormai dominato dallo streaming, ha assistito al grande ritorno del vinile. E non solo, dopo un trend positivo registrato in tempi di lockdown, nell’ultimo anno il vinile ha consumato la sua vendetta sui formati digitali. A oggi le vendite dei vinili hanno superato i CD nei ricavi totali (mercato USA) e ciò ha portato sempre più artisti contemporanei a decidere di produrre la propria musica in analogico.
Kylie Minogue ha appena dato alle stampe, in triplo vinile, “DISCO: Guest List Edition”: riedizione del precedete progetto “DISCO”, pubblicato nel 2020, con cui Kylie ha raggiunto il primo nella classifica UK. Persino la regina di Spotify Taylor Swift ha messo a disposizione dei suoi fan una versione vinyl del suo ultimo album “RED (Taylor’s Version)” che ha esordito su Apple Music in ben 64 Paesi. E lo stesso farà Rosalía nel 2022 in occasione dell’uscita della sua ultima fatica discografica, “Motomami”.
Esiste poi un mercato non ufficiale fatto di vinili usati e vintage, che si possono acquistare nei mercatini o in negozi che trattano per lo più questo tipo di dischi. La possibile motivazione alla base di questo successo del supporto musicale analogico per eccellenza sta probabilmente in un ritrovato piacere dell’ascolto. Oggi chiunque può riprodurre un brano ovunque e in qualunque momento, spesso in modo del tutto gratuito. Perché allora preferire un vinile al digitale che offre una maggiore qualità a un prezzo inferiore? Un vinile non si ascolta durante il jogging, né in palestra, né in metropolitana. Chi ascolta un vinile lo fa perché ama dover aggiustare periodicamente il proprio giradischi, pulire bene il disco quasi ad ogni ascolto, prendersi una pausa da tutto il resto e, strano ma vero, alzarsi dal divano ogni trenta minuti per passare dal lato A al lato B. Insomma, alzi la mano chi riesce ad ascoltare un intero album su Spotify senza skippare almeno un paio di brani. Forse proprio l’estrema fruibilità e la facilità di ascolto della musica in digitale ha trasformato questa in un mero bene di consumo. Il ritorno del vinile va osservato proprio in contrapposizione all’idea di una musica “mordi e fuggi”. Il vinile è ritualità, è piacere di ascolto. Chi ascolta un vinile decide di ascoltare un album intero proprio perché ciò comporta non dover fare nient’altro.