The Social dilemma, pollice in su, ma con consapevolezza

Riusciamo ancora a trascorrere una cena senza cellulare a tavola ?

Un interrogativo già posto con il film ‘perfetti sconosciuti’,  ma che si ripresenta con ‘ the Social dilemma‘ insieme a molti altri dubbi complessi e soprattutto verità inquietanti.

Il rapporto tra social e democrazia, tra social e sviluppo umano, tra social e solitudine degli esseri umani: sono questi i temi di un film sconvolgente.

l regista, Jeff Orlowski, sembra preoccupato per la distruzione del mondo.

Il suo film del 2012 Chasing Ice ha catturato gli effetti devastanti del cambiamento climatico sullo scioglimento dei ghiacciai. Nel 2017 ha documentato l’erosione delle barriere coralline a Chasing Coral. Il suo ultimo film, The Social Dilemma, punta ora a un pericolo ancora più grande: i social media.

Il messaggio appare immediatemente chiaro: i social network hanno preso il controllo delle nostre vite.
Non sono notizie nuove o fake : da tempo ci chiediamo che effetto abbiano su di noi e su chi amiamo i social media attuali. Usano delle strategie per conquistarci? E se sì, quali? The social dilemma risponde.

Ma cosa rende The Social Dilemma diverso da tutte le altre denunce riguardo i social media?

Il  ‘docudrama’ americano,  da poco sbarcato su Netflix , ha  come protagonisti ‘reali’ proprio i maghi della tecnologia social, ‘quelli’ che hanno inventato il ‘like’ o la chat di gmail, cioè i giovani ‘cervelli’ di facebook, instagram, twitter, pinterest, ( Tim Kendall, ex direttore della monetizzazione di Facebook; Justin Rosenstein, che ha inventato il pulsante Mi piace; e Guillaume Chaslot,che ha creato l’infrastruttura video consigliata per YouTube e che denunciano tutti il ​​loro lavoro precedente), intervistati proprio riguardo l’altra faccia della medaglia di queste ‘magiche’ innovazioni che nascondono più di un lato oscuro, e rispetto alle quali stesso loro si sono dichiarati ingenui al punto che molti hanno definitivamente abbandonato gli incarichi per ‘questioni etiche’.

Anche i dirigenti dei social media come Zuckerberg hanno ammesso che le loro piattaforme necessitano di maggiore supervisione, da parte dei genitori e dei legislatori.

Il documentario ci svela quindi il dietro le quinte, gli ingranaggi e le strategie di una realtà che,  si pone come manipolativa e strategica. Il mondo virtuale nel quale siamo immersi e che genera ‘connessioni’ , allontana al tempo stesso da tutti e da se stessi ma attira inesorabilmente come caramelle facendo diventare  l’utente la caramella stessa, cioè il prodotto.

Un Truman show per ognuno, dentro un mondo Matrix che assomiglia anche al paese dei balocchi ma nel quale restiamo inesorabilmente sempre più soli.

Ai protagonisti della Silicon Valley si aggiunge nel film, la presenza di attori, che interpretano le tragicommedia di una famiglia assorbita dai social. E qui si avvertono crude le emozioni del pericolo social e di quel nuovo consumismo definito ‘consumismo della sorveglianza’ con esso creato, e si avvertono sulla propria pelle, perchè la sensazione sconcertante di cenare insieme, in famiglia, senza guardarsi negli occhi ma puntando lo sguardo sul proprio telefono, l’ha vissuta ogni essere umano.

Il documentario è comunque volutamente e furbamente anche divertente ed ironico, solo a tratti spaventoso ma capace di farci porre tutte gli interrogativi indispensabili ad un uso più consapevole dei nuovi trumenti che ci circondano: Fino a dove arrivano i lati positivi e quando iniziano quelli negativi? Stiamo diventando dipendenti (o già lo siamo) dai social network? E se sì, è possibile rendersi conto delle strategie che questi colossi informatici mettono in atto contro di noi?

Forse alcuni punti  si possono delineare, soprattutto perchè guardare The Social Dilemma durante la pandemia di coronavirus aggiunge un pizzico di ironia. Il film arriva in un momento in cui molte scuole  si sono orientate verso l’apprendimento online, un numero enorme di persone lavora da casa e un Internet affidabile è l’amico più prezioso che mai. Anche i social media hanno un nuovo valore, come un modo per connettersi con amici e familiari che non possiamo vedere di persona.

Queste piattaforme sono parte delle nostre vite. Coloro che, stanchi dello ‘schiavismo social’ e spaventati da questo bel film, hanno deciso di non usare telefoni, computer o WiFi  potrebbero scoprire, nel 2020, di non aver raggiunto una sorta di ‘nirvana zen’, ma di essere invece esclusi dal lavoro, dalla scuola e dal resto della società.

Per cui…c’è sempre e per fortuna l’altro lato della medaglia, quello positivo, e inoltre, seppur vero che  i social media possono accrescere problemi come il bullismo, la solitudine o standard di bellezza irrealistici, di certo però non li ha inventati.

A conti fatti è vero che i ragazzi crescono  con gli account Instagram, certo, ma stanno anche facendo i conti con gli effetti irreversibili del cambiamento climatico, dei governi ed economie incerte, il razzismo, il declino delle istituzioni sociali, e molto altro, e in questo quadro forse i social non sono la via peggiore ma spesso la via di fuga verso mondi migliori che ognuno crea più somigliante a se. 

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